UN PROGETTO PER IL TERRITORIO

Parlare d’intervento multifamiliare rimanda alla Psicoanalisi Multifamiliare di Jorge Garcia Badaracco, psichiatra e psicoanalista argentino.

Il suo lavoro nasceva alla fine degli anni cinquanta, dalla necessità di trasformare una realtà che tendeva a cronicizzare la malattia mentale in un contesto che offrisse delle opportunità per promuovere processi terapeutici opponendosi all’inevitabile cronicizzazione delle malattie mentali gravi.

Egli ha coinvolto i familiari nel percorso di cura arrivando a dare inizio a gruppi che definì Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare, essi risultarono in quel momento fortemente innovativi perché l’assetto da cui partire, più naturale e più proficuo, era quello costituito dalla discussione prodotta da un insieme di famiglie, composte sia dai familiari che dai pazienti e coordinata da operatori.

Il Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare si costituisce come una possibilità d’incontro tra persone legate da vincoli familiari (famiglie con all’interno una persona sofferente di disagio psichico) e di alleanza (più famiglie insieme e operatori dei servizi) al fine di creare una rete sociale di supporto al cambiamento.

Il Gruppo vuole essere una possibilità di cura per cercare di prevenire eventuali ricadute dopo percorsi residenziali e per facilitare il lavoro dei CPS nel lavoro con i pazienti e le loro famiglie. Per raggiungere questo risultato bisogna costruire una situazione in cui le differenti idee espresse dalle persone, per quanto diverse, non producano contrapposizioni, ma perseguano la complementarietà che vadano nella direzione di rendere compatibili e non incompatibili, come risultano abitualmente, le differenti visioni del mondo presenti nelle situazioni a transazione schizofrenica.



Situazioni, queste, caratterizzate dall’estrema rarefazione della possibilità di sopravvivere in una situazione conflittuale, tra opposte visioni del mondo che caratterizzano il paziente e uno o entrambi i genitori che si scambiano solo messaggi di relazione e non di contenuto. Una situazione che, nell’ipotesi originaria di Badaracco, si è venuta costituendo in relazione alla mancata capacità di uno o di entrambi i genitori e del figlio di “separarsi” e “individuarsi” reciprocamente.

La mancata effettuazione di questo passaggio fondamentale ha prodotto il perdurare o l’instaurarsi di una situazione simbiotica, di mancata differenziazione dell’uno dall’altro, con la conseguenza di una difficoltà profonda a costruire un vero e proprio processo di identificazione da parte del paziente ed una profonda modificazione del proprio atteggiamento nei confronti della vita da parte del genitore che, da quel momento in poi, non dimenticherà mai di doversi occupare prima del figlio che di sé, il che lo distrarrà dalla possibilità di riconoscere presente, dentro di sé, un lutto o un trauma non elaborato, di cui non è consapevole. Il genitore e il figlio, rimasti uniti, hanno dato luogo ad un legame di “Interdipendenza Patologica e Patogena” da cui nessuno dei due è in grado di liberarsi.



L’intervento del Gruppo mira a rendere “visibile” l’esistenza di questo legame ed a consentire ad entrambi di allentarlo e, se possibile, a ridimensionarlo, arrivando a scoprire, ognuno, la propria “Virtualità Sana”, cioè un proprio modo di essere di cui il paziente non conosceva l’esistenza, mentre il genitore aveva progressivamente dimenticato di poterlo vivere.

Il Gruppo Multifamiliare si propone di supportare il paziente nella rete sociale ed affettiva in cui vive ed è inserito. Una rete sociale su cui intervenire non soltanto perché possa fornire aiuto al paziente verso il benessere e la prevenzione da eventuali ricadute, ma anche per divenire essa stessa promotrice di supporto e dispositivo che arricchisca l’attuale sistema della cura integrandosi ad esso e ampliando le possibilità offerte dal territorio.